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Mercoledì, 09 Marzo 2016 18:58

L’Azione Cattolica diocesana, insieme, in preghiera

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<<Dio disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza”>> (Gn 1,26): questo il versetto con il quale leggere l’esperienza delle giornate di spiritualità di AC che si sono svolte presso la Casa di Santa Maria Porto di Pace dal 26 al 28 febbraio. Giornate che hanno permesso ai membri del centro diocesano e ai presidenti parrocchiali di fermarsi e lasciarsi provocare dalla Parola, per ricentrare le proprie vite in Cristo.

Nelle quattro meditazioni guidate dall’assistente unitario di AC, don Sasà Santoro, ci siamo interrogati sull’idea di uomo che emerge nel nostro tempo: un percorso parallelo in cui la lettura della nostra società ha dimostrato l’esigenza di noi cristiani di essere sempre pronti a rispondere a chiunque ci domandi ragione della speranza che è in noi (1Pt 3,15).  Per capire come Dio ha immaginato l’uomo è stato necessario ripercorrere i primi capitoli della Genesi, in cui la parola che ricorre più spesso è “buono” o - traducendo più fedelmente - “bello”. Tuttavia con la creazione di ‘adàm Dio si supera, poiché riconosce che ‘adàm è cosa molto bella; ‘adàm è ancora, però, quella pluralità indifferenziata che contiene in sé “maschio e femmina”, nel cui dna è presente una capacità di accogliere l’alterità e una naturale propensione alla pluralità, tanto che ‘adàm andrebbe tradotto con il più ampio termine “umanità”. E tutta l’umanità è a immagine ma anche a somiglianza di Dio perché ancora non si è macchiata di alcun peccato; quello che l’autore sembra ripetere due volte esprime due concetti diversi: da una parte l’immagine di Dio, che è Dio stesso a donarci nell’atto della creazione; dall’altra la somiglianza, che spetta a noi perseguire con le nostre scelte di vita e di fede.

Questa riflessione ci ha provocati nel profondo costringendoci, nel silenzio della preghiera, a prendere per mano le nostre fragilità e a riscoprirci bisognosi di relazioni vere, in cui sperimentare in Dio un ‘ezer, un aiuto che ci prende per mano, ci fa rialzare e ci accompagna indicandoci il cammino. Oltre a misurare la nostra relazione con Dio, abbiamo dovuto anche confrontarci con un’idea di relazione scomoda, che ci chiede di non ridurre l’altro a me stesso ma ad aprirci a una diversità che genera vita. Il ripiegamento in noi stessi offusca la nostra mente, permette alla tentazione di insinuarsi nelle nostre certezze e di farle scricchiolare: così fa il serpente con Eva, facendole credere che il bene di Dio sia male; così fa anche Caino con se stesso, proiettando in Dio un’idea di vendetta che a Lui non appartiene. Ma la pedagogia di Dio, a cui dovremmo fare riferimento nel nostro servizio educativo, è volta alla redenzione, ci chiede di prendere coscienza della situazione delle nostre vite (“Dove sei?” Gn 3,9), corregge la rotta e, alla fine, ci fa riacquistare la dignità di figli: proprio come quando Adamo e Eva, dopo aver scoperto di essere nudi, vengono rivestiti da Dio che fa “all’uomo e a sua moglie tuniche di pelle” (Gn 3,21).

In questi giorni ciò di cui possiamo rendere grazie, oltre ai bei momenti di fraternità condivisi, è il confronto con una Parola ci ha aiutati a conoscere questo Dio che coniuga giustizia, misericordia, carità e gelosia, la gelosia speciale di un Dio che vuole tutto di noi ma non tiene nulla per sé e che non si stanca mai delle nostre infedeltà!

 

Erminia Foti

Equipe diocesana Settore Gv