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Martedì, 09 Ottobre 2018 18:32

Formazione unitaria 24 settembre 2018

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Settembre è per tutti tempo di ripartenza dopo la pausa estiva: ripartono l’anno pastorale, l’anno accademico delle università, l’anno scolastico e, con essi, anche i cammini delle associazioni laicali che animano la vita della Chiesa diocesana di Reggio-Bova. L’Azione Cattolica ha ripreso il proprio percorso unitario di formazione, rivolto agli educatori ed animatori di tutte le fasce di età (adulti, giovani, giovanissimi ed ACR) lunedì 24 settembre scorso, presso l’auditorium “Nicola Calipari” nel complesso del Consiglio Regionale di via Cardinale Portanova. L’incontro, incentrato sul tema associativo annuale “Di una cosa sola c’è bisogno”, tratto dal brano del Vangelo secondo Luca che narra della cena di Gesù a Betania in casa di Marta e Maria, ha avuto inizio con la preghiera presieduta da don Pasqualino Catanese, assistente unitario diocesano, culminata nella lettura di un brano tratto dal n. 262 dell’Esortazione apostolica Evangelii Gaudium, nel quale Papa Francesco mostra l’inscindibilità tra un forte impegno sociale e missionario e una spiritualità capace di trasformare il cuore, per cristiani che siano “evangelizzatori che pregano e lavorano”. Questo fondamentale equilibrio, ha aggiunto don Catanese, è già incarnato, da sempre, nella preghiera del Padre Nostro, che, dopo l’innalzamento mistico verso il Cielo, pone l’attenzione sul cammino da percorrere assieme ai fratelli. Sulla base della preghiera che Gesù stesso ha insegnato, ha concluso l’assistente, ciascuno è chiamato a ripensare il proprio modo di vivere, senza trascurare né il continuo affidamento filiale al Padre, né i bisogni del territorio e le necessità dei fratelli.

Il presidente diocesano Giandomenico Chirico ha quindi introdotto il nuovo anno associativo, partendo dal ringraziamento alle equipe del centro diocesano per i campi svoltisi nell’ultima estate 2018 ad Assisi, a Cucullaro ed in Salento, nonché ai nuovi membri delle equipe stesse per la disponibilità al servizio dimostrata all’associazione. Il mandato per il nuovo anno, ha affermato il presidente, deve consistere in un esercizio di discernimento che parta già dai consigli parrocchiali, per riproporre i medesimi valori dell'associazione in maniera aggiornata, coinvolgente e significativa per la vita delle persone, declinando attivamente il verbo caratterizzante dell'anno, generare, che significa, essenzialmente, dare la vita. Ripartire dall'essenziale, ha soggiunto, significa riscoprire il trinomio preghiera, azione, sacrificio, che da sempre contraddistingue lo spirito dell’AC. La preghiera e l'adorazione devono occuparne il tempo migliore e l'educatore, in particolare, deve pregare quotidianamente e comunitariamente. Per questo è sempre più indispensabile prendersi cura della vita spirituale degli educatori, senza far mai dimenticare loro che essere educatori è sacrificante, perché l'impegno alto cui si è chiamati rende sacro il tempo offerto, che va misurato non in base alla quantità di ore trascorsa nel servizio, ma nella quantità di cuore donato. Per questo motivo, il presidente ha esortato le associazioni parrocchiali a non scegliere mai un educatore partendo dalle necessità dei singoli gruppi, per riempire buchi, ma ascoltando le esigenze della persona chiamata, nella quale si vede una vocazione autentica al servizio educativo. Un impegno speciale e rinnovato deve essere riposto, poi, nella crescita di forti e sani gruppi Giovani e Adulti, che sono la migliore garanzia per i ragazzi dell’ACR, i Giovanissimi e l'associazione nel suo complesso. La terza parola del trinomio, azione, invita a non stare mai stare fermi, ad essere attivi, secondo l'insegnamento di Papa Francesco, da ultimo ripetuto alla Festa per i 150 dell’AC in piazza San Pietro il 30 aprile 2017. La vita dell’AC diocesana e delle associazioni parrocchiali nel nuovo anno associativo 2018-2019 deve, quindi, svilupparsi secondo due direttrici principali. La prima è data dalla comunione, che costituisce il principale obiettivo pastorale diocesano già dello scorso anno: l'AC non può non essere generatrice di comunione sin dalle parrocchie, seguendo un preciso ordine gerarchico e valoriale, per cui prima viene la Chiesa, poi l'AC, poi il singolo gruppo, che con tutta l'AC è a servizio della Chiesa. Allo stesso modo bisogna coinvolgere operosamente i parroci assistenti, che devono essere sempre presenti nei consigli. La seconda direttrice è costituita dalla popolarità, che significa oggi, con le parole del Presidente nazionale Matteo Truffelli, “generare orizzonti inclusivi e non confini limitati”: “guai a quell'associazione che decide chi sta dentro e chi sta fuori!” ha sottolineato il presidente diocesano, ricordando quali  siano i pericoli attuali che rischiano di compromettere la natura aperta e inclusiva dell’associazione, in particolare le “crociate mediatiche che poco hanno a che vedere con gli insegnamenti di Cristo, le urla e i post sui social media accattivanti che sovrastano la mitezza dell'annuncio”. Per questo, ha aggiunto, è necessario porre grande attenzione nell'uso dei social network, soprattutto da parte degli educatori. Bisogna credere davvero che la responsabilità che l’educatore e il socio di AC in genere si assume cambia il mondo, perché cambia la vita delle persone, a partire dalla propria. Ha quindi concluso augurando a tutta l’associazione diocesana di sentire, al tempo stesso, l'urgenza di agire di Marta e l'attrazione verso la Parola di Maria.

Sono stati allora introdotti i due ospiti della serata, i coniugi Daniele Fortuna e Annaelisa Infortuna, rispettivamente docente presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Reggio Calabria e pedagoga, che hanno tenuto la lectio sul Vangelo dell'anno. Annaelisa Infortuna ha presentato la figura di Marta, comparando i tre brani deli Vangeli in cui ella è citata (Lc 10,38-42; Gv 11; Gv 12,1-2) e rimarcando subito come il brano di Luca presenti Marta come padrona di casa, non il fratello Lazzaro: fu lei, infatti, che "accolse Gesù nella sua casa" e sono diversi i riferimenti nella Bibbia a donne padrone di casa che accolgono gli ospiti. Ciò mostra un’importanza del ruolo della donna nella società giudaica superiore a quanto comunemente si ritiene. L’accoglienza di Marta, rimarca Annaelisa, è grande e generosa, quasi sproporzionata, come fece Abramo con i tre sconosciuti alle querce di Mamre. Al tempo stesso, la donna è capace di pronunciare verso Gesù parole quasi irruente: invece di rivolgersi alla sorella, che intende rimproverare, si rivolge a Cristo, autorità superiore, come per intimargli cosa fare, come già avevano fatto con Lui la donna straniera in Fenicia e Maria sua madre alle nozze di Cana: è il segno di un bisogno espresso verso Gesù, in modo anche duro, diretto. Le parole di Cristo che seguono nel brano, però, fanno capire che non si può agire e pensare come se tutto dipendesse da noi, dalle nostre forze e dalla nostra volontà. Tuttavia, nel Vangelo secondo Giovanni, precisamente al capitolo 11, dove si parla della risurrezione di Lazzaro, Marta non solo va incontro a Gesù appena Egli arriva, ma sostiene con Lui un discorso sulla resurrezione di taglio davvero teologico, per poi esprimere la stessa professione di fede che già aveva pronunciato Pietro in Galilea. Nel brano tratto dal capitolo successivo di Giovanni, quando sente bisogno di casa Gesù torna a Betania prima della Pasqua ed a servirlo c’è sempre lei, Marta. Annaelisa ha riassunto, quindi, la figura di Marta, donna accogliente e dalla fede profonda, solo apparentemente assorbita dalle cose di questo mondo, con una suggestiva immagine: “le mura della casa sono flessibili: esse si allargano e si stringono quanto si allarga e si stringe il cuore della donna padrona di casa". Daniele Fortuna ha quindi analizzato la figura della sorella Maria, che non serve, ma semplicemente sta seduta ad ascoltare Gesù. I suoi verbi sono, quindi, sedere, ascoltare, scegliere. Sedersi ai piedi di Gesù è l'atteggiamento tipico del discepolo, nota Daniele Fortuna, ma normalmente i rabbi avevano solo discepoli, non discepole: la vicinanza di Maria al Maestro denota, allora, una scelta molto coraggiosa e innovativa di Gesù. Diversamente dagli altri discepoli, Maria non viene scelta, ma è lei stessa a scegliere il Maestro. Il centro della vita del discepolo e di tutta la fede di Israele è l'ascolto: Maria sembra passiva, ma la sua passività è la più grande azione della storia, perché quando si ascolta Dio, Lui trasforma la vita. Per questo Gesù dice che lei si è scelta "la parte migliore": si tratta, in realtà, di un termine tecnico, che indica nella Bibbia la parte dei Leviti, che non ricevettero un territorio, diversamente dalle altre tribù, ma fu donato loro il servizio al Tempio, al Signore. La lettura di questo brano, ha osservato, mostra la necessità e la ricchezza della lettura biblica da parte di teologhe donne, di cui si si è accorti solo in anni recenti, così come dell’importanza della donna in tutta la vita della Chiesa e in tutta la sua storia. In conclusione, l’unità dell'amore di Dio si raggiunge nell’unione nei due ministeri dell'ascolto della Parola e del servizio, cosicchè compito del cristiano non è altro che mettere insieme l'amore di Dio e l'amore del prossimo nell'unica obbedienza al Suo comandamento.

 

Giorgio Cotroneo