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Lunedì, 22 Ottobre 2018 20:17

Laggiù in terra di Giuda

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Non sarà facile raccontare quanto successo laggiù in terra di Giuda.

Non è mai facile raccontare la gratitudine che ricolma il cuore di gioia vera. Perché è proprio vero, “al veder la stella” si prova davvero una grande gioia, lo dice il Vangelo, lo dice la vita che incontra altra vita, lì a Betlemme, dove l’Amore più grande ha deciso di farsi bambino.

E Betlemme, con le sue colline bianche chiazzate di verde, strade essenziali ed aride, piene di percorsi in salita, ancora oggi, è la città delle grotte. Grotte che un tempo riparavano dal freddo pastori e bestiame, grotte che accoglievano chi non trovava posto per nascere, grotte che oggi sono case che accolgono chi ancora non avrebbe altro posto, in questo mondo che continua ad abbandonare e lasciarti da solo.

L’Hogar, Niňo de Diòs, è una struttura a pochi passi dalla Basilica della Natività, luogo di culto dove oltre duemila anni fa sorgeva “La grotta”, quella in cui il Figlio di Dio nasce e viene avvolto in fasce e posto in una mangiatoia proprio lì a fianco. L’Hogar è oggi una “grotta speciale”, una casa che ospita trentadue persone, tra bambini e ragazze con disabilità psicofisiche, quasi tutte abbandonate dalle loro famiglie di origine, perché lì a Betlemme, la disabilità è ancora considerata sciagura e maledizione di Dio e pertanto il tasso di abbandono già in ospedale è elevatissimo.

La casa, gestita da una congregazione delle figlie del Verbo Incarnato, ogni mese apre le proprie porte a un gruppo di volontari individuati all’interno di un progetto promosso dall’Azione Cattolica nazionale: “ Al veder la stella”. Nei primi giorni di ottobre, mentre in Italia si aprono i lavori del sinodo dei giovani, anche io parto verso Betlemme, attirata dal desiderio di vivere giorni di servizio, silenzio, preghiera e discernimento, alla scuola dei più poveri. Insieme a me condividono questa esperienza, Sergio e Filippo, compagni di viaggio con storie differenti.

E se Betlemme ha strade nettamente in salita anche questa esperienza parte proprio così, nella fatica di un cammino ripido ed in salita. L’ingresso in casa, accolto da un silenzio tagliente e qualche abbraccio che ti fa sentire inadatto e fuori posto, e i primi giorni  che trascorrono proprio così con questo senso di inadeguatezza, a volte accompagnato dal “disgusto”, consegnato a chi a sua volta si consegna a te con piena fiducia.

E ti senti anche tu dentro un presepe, in viaggio, verso una meta. E ne senti tutta la fatica. È in quegli sguardi accoglienti che qualcosa cambia di nuovo. L’Hogar, pur nella fatica di giorni vissuti intensamente, si tinge di colore e inizia ad essere gioco, coccole, carezze, braccia che cullano, aeroplanini per mangiare,canzoncine, baci della buonanotte e ninna nanne da improvvisare in una lingua inventata.

Ma alle ninna nanne non servono le parole, così come per i segni, così come per quel segno annunciato dall’ angelo, “troverete un bambino adagiato in una mangiatoia”. E l’Hogar è mangiatoria per questi bimbi, accolti da giovani donne che hanno consacrato a Dio tutta la loro vita, donne che avvolgono, nutrono e custodiscono la vita. Sono esse donne consacrate che danno tutto, danno loro stesse, donano il loro amore di madre, e sanno nutrire e custodire la vita. E comprendi finalmente in fondo il senso di una vita totalmente donata.

Ecco allora il segno: l’Amore che ancora oggi copre tutto anche il dolore, l’amore che si fa concretezza nella vita che si dona all’altro. L’altro che si fa vicino a te, con tenerezza di bimbo, che non fa più così paura, mentre risuonano chiare nella tua mente quelle parole che furono del Santo poverello di Assisi,“ ciò che prima mi parve amaro mi fu convertito in dolcezza di anima e corpo”- diceva così quando parlava dei lebbrosi che tanto gli facevano orrore.

Comprendi quale sia quella “ parte migliore da scegliere” e che non ti viene tolta: la vita che in ogni cosa si lascia abitare da Dio, dalla Sua presenza e dalla Sua parola. E così “ al veder la stella” anche noi torniamo a casa pieni di gioia, con sguardo ricalibrato, semplice e semplificato.

La gioia di chi riconosce quanto in Dio davvero sia tutto possibile, la gioia  di chi riconosce l’Amore e lo vede vincere … perché anche noi lì a Betlemme, lì nella “casa del pane”, abbiamo visto l’Amore vincere!


Maria Fedele