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Venerdì, 04 Gennaio 2013 22:05

Come sto con la mia fede?

Scritto da  Redazione

Immersi come siamo nel frenetico tra tran quotidiano, a volte facciamo fatica a prenderci cura di noi, della nostra spiritualità e spesso, appesantiti da mille “fardelli”, non riusciamo neppure a verificare se il nostro vissuto testimonia una fede matura, rimotivata e piena di slancio, capace di dare senso alla vita e speranza alle nuove generazioni.

Come sto con la mia fede?

E’ la domanda che ciascuno di noi è chiamato a porsi nell’orizzonte di questo anno dedicato alla riscoperta della fede

Ed in questa ottica, il Settore Adulti, nelle prima Serata Diocesana del 21 novembre, accolta con grande cuore dalla parrocchia del Rosario di Villa S. Giovanni, ha scelto di offrire ai gruppi parrocchiali l’opportunità di incontrarsi in un clima di fraternità, di condivisione e solidarietà per vivere un forte momento di preghiera e di riflessione, appunto su “La fede che crediamo” alla luce del brano “l’epilettico indemoniato” (Mc 9, 14-29) e della Lettera a Diogneto.

La riflessione è stata presentata in maniera chiara, illuminante ed originale, da Don Angelo Battaglia, che ha inquadrato l’incontro di Gesù con l’indemoniato dopo l’esperienza eccezionale della Trasfigurazione che aveva reso i discepoli euforici e ben distanti dai problemi reali e difficili con i quali si sarebbero dovuti confrontare da lì a poco. Ha poi indicato tre tipi di generazioni, rappresentate dai protagonisti del brano, con cui confrontarci per verificare lo spessore della nostra fede.

Il ragazzo indemoniato, ha detto don Angelo, rappresenta la generazione in-crisi, una generazione - oggetto, che vive una esperienza di alienazione, di dissociazione, di dipendenza, una generazione a cui sono state sottratte le condizioni necessarie per una crescita ordinata e che trova inutile esprimere il suo dolore, tanto nessuno è in grado di fare qualcosa.

Agli occhi della società appare come una generazione morta.

Il padre, un adulto disperato per la situazione drammatica del figlio e per il fallimento dei discepoli che non erano riusciti a guarirlo, è incapace di risolvere il problema. Questo padre rappresenta la generazione in-credula, che si sente arrivata e che ha fatto l’abitudine  ad una fede fiacca, incerta, incapace di fidarsi e abbandonarsi.

Gesù è deluso per questa incredulità, ma colloquiando con il padre lo conduce pian piano a trasformare il suo cuore sfiduciato in un cuore che chiede e si abbandona al Signore formulando una delle preghiere più toccanti e disarmanti del Vangelo: Signore io credo, ma tu aiutami nella mia incredulità!

Ecco la generazione in- preghiera, a cui ciascuno di noi dovrebbe appartenere: la generazione di chi è adulto nella fede e sente la responsabilità della  testimonianza, consapevole che non si smette mai di crescere, ma si è sempre in cammino con la forza della preghiera vissuta non come potere da esercitare ma come abbandono fiducioso al Padre, perché sia fatta la Sua e non la nostra volontà.

Ha contribuito a rendere più ricca la serata un’importante testimonianza di carità offerta da Domenico Barresi che ha presentato l’esperienza della comunità Papa Giovanni XXIII e della cooperativa Rose Blu.

Catechesi, liturgia e carità, i tre momenti che hanno caratterizzato la serata, alla fine si sono intrecciati tra di loro facendoci vivere una meravigliosa esperienza di incontro con il Signore e tra di noi.

A conclusione un gioioso momento di fraternità e di condivisione di cose buone da gustare… mentre sullo schermo scorrevano le immagini dell’esperienza di Rose Blu.